mercoledì 25 dicembre 2013

Donne nel Paese degli Uomini


L'ultimo compito di italiano aveva diverse tracce, tra cui quella di carattere generale, in cui si avrebbe dovuto parlare dell'evoluzione del ruolo della donna nella società italiana, portando come esempio le principali tappe a livello politico, economico e sociale.
Dunque, per scrivere della condizione della donna italiana, potrei tranquillamente partire parlando di quello che io chiamo "sudditanza sociale", una condizione in cui non si è servitori dello Stato, ma servi di esso (niente diritti, solo doveri), per poi continuare analizzando il modo in cui la società si è evoluta e di come, in pieno stile marxista, la classe dominata abbia preso il potere fino a erigersi a classe dominante, o, in modo più consono all'argomento trattato, a classe con uguali diritti e doveri;
e in effetti non avrei torto ad affrontare la questione in questo modo.

 
Il problema sta però nel fatto che in Italia la storia non ha seguito il corso a tappe forzate, come il già citato Marx sosteneva dovesse accadere e come possiamo vedere dal modo di pensare che ci si propone in televisione.
Gli "agnelli" non sono diventati "leoni" nel senso più puro del concetto, ma sono diventati "leonesse" senza, nella maggiorparte dei casi, esserne coscienti.

 
Mi spiego meglio...

 
La condizione politico-socio-economica della donna italiana non è mai stata un' isola felice di civiltà (forse dovrei dire penisola) e purtroppo non lo è ancora oggi, ma analizziamo le sue tappe fondamentali nel dvenire dell'Italia del Novecento.
Nel 1946 c'è stata una prima importante tappa di conquista sociale: l'introduzione del suffragio universale per le elezioni nazionale e locali.
Si passò poi alla redazione della Costituzione del '48, nella quale si decise di introdurre anche un articolo riguardante la confizione della donna lavoratrice.
L'articolo 37 afferma infatti che << la donna lavorarice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, la stessa retribuzione del lavoratore >>, perchè, essendo appena uscite dal rango di "serve dello Stato", le donne non godevano di chissà quali benefit sociali, e nemmeno di salari simili, almeno per ordine di grandezza , a quelli degli uomini.




 
 

Poi però la situazione cambia: arrivano i 60's, periodo nel quale si vede la crescita economica del Paese e allo stesso tempo dei diritti civili.
Nel 1975 si stringe ulteriormente la forbice uomo-donna, perchè si ottiene il diritto all'aborto, con tutto quello che ne consegue in termini di emancipazione.
Il tempo scorre velocemente e in un battito di ciglia si arriva ai giorni nostri, periodo in cui si ambienta il discorso che è alla base di quanto scriverò in seguito...
Arrivati a questo punto bisogna rendersi conto di una cosa: l'italiano medio che parla dell'argomento è talmente indietro che persino chi si crede "progressista" risulta essere "obsoleto" e ogni discorso sulla condizione femminile si conclude chiedendosi se le donne sui giornali siano troppo nude o se lo siano troppo poco, ma mai se siano libere o no di esserlo.

 
Il problema sta nel fatto che nel momento in cui qualcuno dibatte su come dovrebbero o non dovrebbero essere le donne, questo qualcuno si sente in diritto di decidere cosa, per una donna, sia giusto o sbagliato.
Il problema della discussione sulla nudità nei giornali o in TV non è quello di avere delle ragazze mezze nude in prima pagina o prima serata, ma è, secondo me, che qualcuno nel 2013 (si potrebbe dire 2014, ormai) pretende ancora di decidere se quelle ragazze debbano esserlo o no.
Il fatto che esista una società in cui alcuni si arrogano il diritto di decidere come debbano essere gli altri, rappresenta un antico modello di "patria potestà" che nulla ha a che fare con lo spirito della Carta Costituzionale, o anche semplicemente con quello di una società moderna, come, in teoria, dovrebbe essere la nostra.

 
Se una donna decide di essere nuda in TV, il punto su cui si dovrebbe discutere non è la nudità, ma se la scelta è libera o no, perchè se una persona sceglie liberamente di fare una cosa, allora dovrebbe poterla fare (a questo punto potrebbe venire fuori un altro discorso, quello sull'effetto che simili immagini potrebbero avere sui bambini, ma questo è appunto un altro discorso).

 
All'inizio parlavo di leonesse che non sanno di esserlo per il semplice motivo che le avanguardie femministe italiane sono composte da donne che sono avanti di 20 anni rispetto alla media nazionale ma, essendo indietro (nella migliore delle ipotesi) di 40 anni rispetto alle proprie colleghe europee, risultano avere un gap negativo di 20 anni almeno: una piccola pen-isoletta infelice, dunque.

 
Ci si trova inoltre in una condizione in cui le femministe moderne, quelle per cui "il corpo delle donne non si tocca", sono le rappresentanti occidentali di quella che in Oriente si chiama "Sharia", la legge teocratica del mondo islamica. Per cui una situazione di risalto come quella delle veline, per fare un esempio, deve essere espiata come una colpa tramite la mortificazione del corpo, sino ad arrivare all'anonimato;
una sorta di "lapidazione sociale" che, ancora una volta, nulla ha a che fare con lo spirito della Carta Costituzionale, ma anche semplicemente con quello di una società moderna, come, in teoria, dovrebbe essere la nostra.